Recessione USA: quali le probabilità nei prossimi 12 mesi?

Sapendo quanto possano essere inattendibili gli indicatori economici delle banche centrali e avendo già analizzato le bizzarre previsioni del FMI, preferiamo prendere le stime con un pizzico di buon senso. Dagli anni 80, però, sono emerse consistenti prove empiriche della capacità del mercato obbligazionario di prevedere l’andamento dell’economia reale.

È stata infatti dimostrata una costante relazione negativa fra l’inclinazione della curva dei rendimenti e l’attività economica negli USA, con un intervallo di circa 1-1,5 anni. Analizzando la differenza fra i tassi sui Treasury a 10 anni e a 3 mesi (nota anche come yield-curve spread), è possibile calcolare la probabilità di una recessione negli USA nei prossimi 12 mesi. Secondo la teoria un inasprimento monetario aumenta i tassi a breve termine, con il conseguente appiattimento (o inversione) della curva dei rendimenti nel contesto di una decelerazione dell’economia e di un calo della domanda di credito. A quel punto possono ridimensionarsi anche le attese di inflazione.

La ricerca dimostra che il profilo della curva è riuscito ad anticipare quasi ogni recessione americana dal 1950, salvo un “falso” segnale prima della crisi creditizia e del calo della produzione nel 1967 (v. grafico seguente). La stessa correlazione è stata evidenziata in altri paesi come Germania e Regno Unito.

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Una volta assodato il potere predittivo della curva dei rendimenti, naturalmente gli economisti hanno voluto valutare che cosa dicesse la curva circa le probabilità di recessione. Nel 1996, gli economisti della Federal Reserve Bank of New York hanno stimato la probabilità di recessione sulla base del già citato yield-curve spread.

Fortunatamente, la ricerca della Federal Reserve Bank of New York viene aggiornata periodicamente. Qual è dunque la probabilità di recessione nei prossimi 12 mesi secondo il mercato obbligazionario? Per essere precisi, il 5,38% (una percentuale forse più bassa del dovuto per effetto di misure di quantitative easing senza precedenti nella politica della Fed).

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Alcuni economisti sono pronti a giurare sulle facoltà profetiche della curva dei rendimenti. Altri sostengono invece che la curva abbia perso parte del proprio potere predittivo a causa di altri fattori che influiscono sul segmento a lunga scadenza, come l’allentamento quantitativo, il cambio fisso fra il dollaro e alcune valute e le normative. Ma la regola generale per cui la differenza fra tassi dei Treasury a 10 anni e a 3 mesi diventa negativa prima di una recessione vale ancora, come dimostrano i valori rilevati prima delle crisi del 1990-1991, 2001 e 2008. Forse l’enigma dei tassi a lungo termine di Alan Greenspan non era dovuto a quello che Ben Bernanke ha definito un “eccesso di risparmio globale”. Semmai, la curva dei rendimenti ci stava avvertendo di un aumento del rischio di recessione – fra gennaio 2006 e gennaio 2008, infatti, le probabilità di recessione sono salite dal 4,5% al 38%.

La curva dei rendimenti resta insomma uno strumento prezioso per gli investitori. Non possiamo certo ignorarne la sua capacità di prevedere una recessione. Stiamo quindi attenti se subirà un’altra inversione.

Il valore e il reddito degli asset del fondo potrebbero diminuire così come aumentare, determinando movimenti al rialzo o al ribasso del valore dell’investimento. Possibile che non si riesca a recuperare l’importo iniziale investito. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri.

Anthony Doyle

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