Ieri la Fed ha aumentato i tassi di 25 punti percentuali, in linea con le aspettative del mercato. Non è stato tanto il rialzo a essere percepito come moderato, quanto la dichiarazione a esso seguita. È chiaro che la Fed sia ancora concentrata sull’inflazione, ma questa è stata la mossa più accomodante cui abbiamo assistito dal cambio di rotta della banca centrale statunitense nel 2018/19. È inoltre evidente che siamo più vicini alla fine del ciclo di rialzi, ma i dati sono eterogenei, visto che il continuo vigore del mercato del lavoro sta dando maggiori speranze di un atterraggio morbido.
Il rapporto tra posizioni di lavoro disponibili e numero di disoccupati è salito a 1,9, segnale di continua forza del mercato del lavoro, con 11 milioni di posti di lavoro disponibili. Se la Fed dipende veramente dai dati, la pubblicazione di venerdì della retribuzione media oraria e dell’IPC sarà interessante, qualora i dati non dovessero corrispondere alle attese. Ciò potrebbe costringere la Fed, attualmente più moderata, a riconsiderare il proprio cambiamento di narrativa.
Sebbene Powell abbia sottolineato che siano necessarie “prove sostanzialmente più evidenti di un percorso sostenuto di riduzione dell’inflazione”, non ha escluso la possibilità di ulteriori tagli di 50 punti percentuali verso la fine del 2023. Questi tagli sono in effetti già prezzati dal mercato (insieme a un tasso terminale leggermente più basso, ora al 4,9%). A mio avviso, la disperazione dei mercati per il trade sulla duration è stata suscitata da una Fed accomodante e questo cambiamento nella narrazione generale potrebbe suggerirci – ancora una volta – di non andare contro la Fed.
Nel frattempo, la decisione odierna della BCE e della BOE potrebbe tradursi in un’ulteriore debolezza per il dollaro USA, in quanto la Bce ha indotto i mercati a pensare di essere ancora su un percorso di misure aggressive. Tuttavia, la decisione ci ricorda un’altra cosa fondamentale: non fare troppo affidamento sulle indicazioni prospettiche.
Breve commento
Atterraggio morbido, atterraggio duro o…decollo?
Di Carlo Putti
Gli ultimi dati macroeconomici evidenziano un forte recupero dell’economia statunitense. L’indice statunitense International Securities Market(ISM) relativo ai servizi è tornato in territorio di espansione, con nuovi ordini schizzati a 60,4 rispetto ai 45,2 del mese precedente.
Il mercato del lavoro continua a mostrare segnali di vigore: il sondaggio JOLTS (Job Openings and Labour Turnover Survey, che fornisce un’indicazione sui volumi delle offerte di lavoro, sulle assunzioni e sul turnover) ha rilevato un notevole aumento delle offerte di lavoro a dicembre e un attenuarsi, almeno per il momento, delle pressioni salariali.
Tutti questi elementi ci collocano in una posizione che sembrerebbe persino migliore di uno scenario ideale (cosiddetto “Goldilocks”). Per ora l’economia statunitense ha evitato la recessione, ma non dovremmo per questo abbassare la guardia. Le recessioni avvengono proprio quando meno ce le aspettiamo.
I mercati accolgono con favore una mossa accomodante della Fed prima del previsto
Di Laura Frost
Ieri la Fed ha aumentato i tassi di 25 punti percentuali, in linea con le aspettative del mercato. Non è stato tanto il rialzo a essere percepito come moderato, quanto la dichiarazione a esso seguita. È chiaro che la Fed sia ancora concentrata sull’inflazione, ma questa è stata la mossa più accomodante cui abbiamo assistito dal cambio di rotta della banca centrale statunitense nel 2018/19. È inoltre evidente che siamo più vicini alla fine del ciclo di rialzi, ma i dati sono eterogenei, visto che il continuo vigore del mercato del lavoro sta dando maggiori speranze di un atterraggio morbido.
Il rapporto tra posizioni di lavoro disponibili e numero di disoccupati è salito a 1,9, segnale di continua forza del mercato del lavoro, con 11 milioni di posti di lavoro disponibili. Se la Fed dipende veramente dai dati, la pubblicazione di venerdì della retribuzione media oraria e dell’IPC sarà interessante, qualora i dati non dovessero corrispondere alle attese. Ciò potrebbe costringere la Fed, attualmente più moderata, a riconsiderare il proprio cambiamento di narrativa.
Sebbene Powell abbia sottolineato che siano necessarie “prove sostanzialmente più evidenti di un percorso sostenuto di riduzione dell’inflazione”, non ha escluso la possibilità di ulteriori tagli di 50 punti percentuali verso la fine del 2023. Questi tagli sono in effetti già prezzati dal mercato (insieme a un tasso terminale leggermente più basso, ora al 4,9%). A mio avviso, la disperazione dei mercati per il trade sulla duration è stata suscitata da una Fed accomodante e questo cambiamento nella narrazione generale potrebbe suggerirci – ancora una volta – di non andare contro la Fed.
Nel frattempo, la decisione odierna della BCE e della BOE potrebbe tradursi in un’ulteriore debolezza per il dollaro USA, in quanto la Bce ha indotto i mercati a pensare di essere ancora su un percorso di misure aggressive. Tuttavia, la decisione ci ricorda un’altra cosa fondamentale: non fare troppo affidamento sulle indicazioni prospettiche.