“L’ingrigimento globale” potrebbe voler dire abituarsi a rendimenti obbligazionari ultrabassi
Il mondo sviluppato sta attraversando una svolta demografica senza precedenti, nota come “ingrigimento globale”. Questa svolta sta avendo un impatto notevole sui prezzi degli asset e sulle risorse, man mano che le popolazioni mondiali invecchiano e vivono più a lungo. Sta avendo un impatto anche sull’efficacia della politica monetaria. Tipicamente le popolazioni più anziane dovrebbero essere meno sensibili alle variazioni ai tassi di interesse, in quanto sono perlopiù composte da creditori. In generale le popolazioni più giovani accumuleranno debito nel crearsi una posizione e saranno pertanto più sensibili ai tassi di interesse. L’impatto delle dinamiche demografiche implica che per generare lo stesso impatto sulla crescita e sull’inflazione, le variazioni ai tassi di interesse dovranno essere più ampie nelle società più anziane rispetto alle società più giovani.
Per quello che riguarda l’impatto delle dinamiche demografiche sull’inflazione, la crescita della forza lavoro potrebbe fornire indicazioni sul potenziale percorso del futuro aumento dei prezzi, o almeno offrirci qualche spunto circa l’impatto strutturale di lungo termine di una popolazione che invecchia sulle dinamiche di inflazione. Secondo la teoria, una generazione numerosa e giovane sarebbe meno produttiva di una generazione meno numerosa e più anziana. Man mano che i membri della generazione numerosa e giovane si introducono nel sistema economico una volta terminati gli studi, il calo della produttività conduce ad un aumento dei costi e di conseguenza dell’inflazione. Inoltre, la generazione più giovane è “affamata” di consumi e debito, in quanto cerca di crearsi una famiglia e di comprare casa. L’investimento nella generazione più giovane giunge eventualmente a dare i propri frutti, conducendo a un ampio aumento di produttività dovuto ai cambiamenti tecnologici e all’innovazione. Man mano che i consumatori diventano risparmiatori, le pressioni inflazionistiche nell’economia cominciano a smorzarsi.
L’interazione di lungo termine tra la crescita della forza lavoro statunitense e l’inflazione è evidenziata di seguito. L’inflazione è in ritardo di circa due anni sulla crescita della forza lavoro, in quanto l’economia impiega un po’ di tempo prima di iniziare a beneficiare degli incrementi di produttività. La crescita della forza lavoro statunitense aumenta e cala nel tempo, e l’inflazione segue generalmente una tendenza analoga.
Il secondo grafico prende in esame gli stessi indicatori economici, questa volta guardando alla crescita a dieci anni della forza lavoro rispetto all’inflazione. È interessante notare, guardando il grafico, che i “baby-boomer” sono entrati a far parte della forza lavoro più o meno quando l’economia globale ha registrato uno shock dei prezzi petroliferi a livello di fornitura. È probabile che l’afflusso di nuovi lavoratori nell’economia statunitense abbia contribuito alla Grande Inflazione degli anni settanta. Per i successivi trent’anni o circa l’inflazione è calata mentre l’economia godeva dei vantaggi tecnologici e degli incrementi di produttività generati dai baby boomer. Guardando al futuro, sembra che la crescita della forza lavoro sul lungo termine, in deterioramento, possa contribuire alle pressioni deflazionistiche all’interno dell’economia statunitense.
Non sto affermando che le dinamiche demografiche siano l’unico motivo per cui è calata l’inflazione negli ultimi tempi. L’immenso accumulo di debito privato e pubblico, la globalizzazione e i cambiamenti tecnologici rappresentano ulteriori tendenze secolari che vale la pena di monitorare. Piuttosto credo che “l’ingrigimento globale” e l’impatto delle dinamiche demografiche sull’inflazione e sull’economia reale rappresentino anch’esse una tendenza secolare da tenere d’occhio. C’è qualcosa che le banche centrali potrebbero fare di fronte a questo enorme salto generazionale, qualora la deflazione divenisse una realtà? I tassi di interesse sono ai minimi storici, sono state attuate politiche di iniezioni di liquidità, eppure dobbiamo ancora assistere al forte impatto sull’inflazione previsto da molti economisti.
Ho già trattato qui l’argomento relativo ai tassi di interesse al ribasso e alle forze di compressione dei rendimenti (o “schiaccia-rendimenti”) esistenti nell’economia globale. In termini di mercati obbligazionari, le pressioni deflazionistiche sono uno “schiaccia-rendimento” e un’ulteriore ragione per cui i rendimenti obbligazionari potrebbero rimanere a livelli modesti sul medio termine e cadere rispetto agli attuali livelli sul più lungo termine.
Il valore e il reddito degli asset del fondo potrebbero diminuire così come aumentare, determinando movimenti al rialzo o al ribasso del valore dell’investimento. Possibile che non si riesca a recuperare l’importo iniziale investito. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri.
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