Misure eccezionali: i rendimenti dell’Eurozona destinati a restare bassi ancora per un bel pezzo

Richard ha scritto di recente un commento sull’epoca eccezionale che stanno attraversando i mercati obbligazionari. Nonostante i rendimenti ai minimi secolari e le banche centrali del mondo sviluppato impegnate in una consistente espansione dei propri bilanci, la ripresa mondiale resta disomogenea.

Mentre negli Stati Uniti e nel Regno Unito i dati macro continuano a puntare verso un rilancio dignitoso, per quanto non spettacolare, non si può dire lo stesso per l’Eurozona. Anzi, trovare dati che suscitino un giustificato ottimismo è impresa tutt’altro che facile. Gli indicatori di fiducia dei consumatori e delle imprese riflettono tuttora una ripresa fiacca: alcune parti d’Europa sono scivolate di nuovo in recessione tecnica e l’inflazione rimane a livelli ostinatamente bassi. L’ultima lettura dell’IPC si è fermata a un misero 0,4%, i breakeven tedeschi scontano attualmente un’inflazione a cinque anni dello 0,6% e le aspettative a più lungo termine evidenziano dubbi sulla capacità della BCE di raggiungere l’obiettivo di inflazione.

Riconoscere già solo le dimensioni del sistema bancario dell’Eurozona resta l’elemento chiave per comprendere la sfida che si trovano di fronte le autorità della regione. Con un settore bancario grande tre volte quello statunitense (in proporzione al PIL), una quantità di crediti in sofferenza decisamente maggiore e la massiccia pressione a ridurre l’indebitamento illustrata nel primo grafico qui di seguito, non sorprende che il cosiddetto meccanismo di trasmissione risulti inceppato. Il tentativo fallito di stimolare il credito nell’economia dell’Eurozona, soprattutto quella periferica, continua a pesare sui costi di finanziamento delle PMI, contribuendo a generare livelli di disoccupazione eccezionalmente alti, che cominciano solo ora a stabilizzarsi, come evidenziato nel grafico 2.

Iniziato il processo di deleveraging delle banche

Europa periferica

Considerando le precedenti esigenze di austerità in Europa, che hanno impedito alle economie di adottare politiche fiscali anticicliche, e il progresso a corrente alternata delle riforme strutturali, l’onere continua a ricadere sulla politica monetaria e sulla BCE. Eppure, per una serie di ragioni, la risposta si è rivelata decisamente meno efficace rispetto a quelle di Fed, Banca d’Inghilterra e Banca del Giappone, che non hanno esitato a espandere considerevolmente i loro bilanci.

Bilanci

Il risultato: un euro sopravvalutato, disinflazione importata e mancanza di investimenti. Dopo aver offerto tagli ai costi di rifinanziamento, indicazioni prospettiche e dosi massicce di liquidità, sotto forma dei programmi LTRO e TLTRO, la BCE sarà costretta alla fine a seguire le altre banche centrali sulla strada dei consistenti acquisti di asset.

Per quanto sia improbabile che queste misure di QE siano svelate oggi, nel breve termine rappresentano l’unica arma plausibile per mettere il sistema bancario europeo in condizioni di concedere molto più credito all’economia reale. Questo, a sua volta, dovrebbe contribuire a innalzare le aspettative di inflazione, dare impulso alla crescita potenziale e consentire alla BCE di adempiere il proprio mandato.

In Europa il momento eccezionale richiede misure eccezionali. Il lavoro per la BCE non è ancora finito, anche se qualcuno dovrà essere trascinato a forza alla festa per il QE. Mi aspetto che i rendimenti obbligazionari europei restino bassi ancora per un bel pezzo.

Il valore e il reddito degli asset del fondo potrebbero diminuire così come aumentare, determinando movimenti al rialzo o al ribasso del valore dell’investimento. Possibile che non si riesca a recuperare l’importo iniziale investito. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri.

Stefan Isaacs

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