Debito dei mercati emergenti: anatomia dei rendimenti 2013 e temi per il 2014

L’obbligazionario dei mercati emergenti ha archiviato il terzo anno di andamento negativo dal 1998, principalmente a causa dei rendimenti in rialzo sui Treasury, dei timori legati al tapering e del preoccupante declino degli afflussi di capitali dai mercati sviluppati verso la regione emergente.  Alcuni di questi mercati sono stati penalizzati anche da fattori prettamente locali, come il rallentamento della crescita, la produttività in calo, i deficit gemelli e l’esposizione all’economia cinese in frenata.  Il reddito fisso dell’area emergente ha visto comunque afflussi per 9,7 miliardi di dollari USA nel 2013, un livello enormemente inferiore ai 97,5 miliardi del 2012, mentre sono defluiti da questa classe di attivi circa 40 miliardi di dollari da maggio (fonte EPFR, JP Morgan).

Allocazione del patrimonio e gestione attiva della duration fattori di performance cruciali nel 2013

All’interno dell’asset class, le obbligazioni societarie hanno sovraperformato il debito sovrano, limitando la flessione al -0,6% a fronte del -5,3% ceduto dai titoli di Stato nel 2013. Questa sottoclasse ha beneficiato della duration più breve e degli effetti collaterali (o del più alto grado di correlazione?) della performance più solida dei titoli globali investment grade e high yield. I differenziali dei titoli societari dei mercati emergenti, misurati dall’indice JP Morgan Corporate EMBI, al momento sono piatti rispetto al debito sovrano in dollari, il che riflette una contrazione di 66 punti base dall’inizio del 2013.

Di conseguenza, l’allocazione del patrimonio destinato all’area emergente, fra i titoli sovrani, in dollari e in valuta locale, e le obbligazioni societarie, è stata uno dei fattori cruciali ai fini della performance nel 2013. Il debito sovrano ha sottoperformato nel corso dell’anno, come testimonia il rendimento negativo del 5,3% generato dai titoli in dollari, anche a causa della duration più elevata in assoluto, fra le tre sottoclassi di attivi. Ma è stato il debito in valuta locale a incontrare le difficoltà maggiori nell’arco dell’anno, chiuso con un rendimento totale negativo del -9,0% imputabile in larga misura alla componente di cambio, mentre il carry (ossia il rendimento aggiuntivo derivante dai tassi d’interesse locali più alti) ha compensato il rialzo dei rendimenti.

Vale comunque la pena di guardare più da vicino le dinamiche sottese, per capire meglio i fattori rivelatisi determinanti per la performance nel 2013 e gli aspetti destinati a cambiare nel 2014.

1)    Il rendimento negativo del debito sovrano emergente in dollari è derivato soprattutto dal rialzo dei rendimenti sui Treasury statunitensi e solo marginalmente dal percepito deterioramento dei profili di credito dei mercati emergenti e dall’ampliamento degli spread.

Gli spread creditizi più ampi hanno inciso in misura modesta, sottraendo solo lo 0,5% al rendimento totale dei titoli sovrani in dollari, come illustra il grafico in alto. Per inquadrare questo dato, i differenziali hanno registrato un incremento di 50 bps nel 2013, mentre i rendimenti sui Treasury a 10 anni sono aumentati di 116 bps. Per questo la gestione della duration ha giocato un ruolo chiave nel 2013. Con il tapering già scontato e la curva a termine dei Treasury USA posizionata in vista di rendimenti sulle scadenze decennali intorno al 3,5% entro fine anno, un ulteriore rialzo dei tassi negli Stati Uniti nel 2014 dovrebbe essere meno pronunciato di quello visto nel 2013. Questa ipotesi sarebbe messa a rischio da dati economici migliori del previsto e/o da aspettative di inflazione in peggioramento, sviluppi che al momento non sono scontati. In altre parole, un appiattimento della curva dovuto al rialzo dei rendimenti sul segmento breve (“bear flattening”) negli Stati Uniti, attraverso il rinvio dei previsti rialzi del tasso sui fondi federali (attualmente incorporati nei prezzi per il 2015 e oltre), rappresenta un rischio da monitorare da vicino.

Il debito sovrano in valuta forte dei Paesi più forti non ha sempre mostrato un andamento migliore

2)    La performance del debito sovrano in dollari non è stata sempre migliore per i Paesi percepiti come più resilienti, ossia caratterizzati da livelli di indebitamento più bassi, maggiore solidità in termini di liquidità, conti pubblici e partite correnti, crescita sostenibile e riforme in via di realizzazione, rispetto a quelli percepiti come più vulnerabili

Prendiamo ad esempio il Messico, una delle economie più forti dell’area emergente, e il Sudafrica, Paese emergente che appare invece sempre più vulnerabile. Il debito del governo messicano denominato in dollari ha reso il -7,1%, mentre il rendimento totale dei titoli di Stato sudafricani è stato del -6,9%. Ciò si spiega in parte con il fatto che uno degli strumenti utilizzati dagli Stati affetti da  deficit delle partite correnti è l’indebolimento della valuta, insieme o in alternativa ai tassi d’interesse più alti, che potrebbero non essere un fattore così negativo per i differenziali del debito sovrano. I Paesi che consentono la libera fluttuazione della propria valuta riducono al minimo le perdite nette di riserve internazionali, e questo favorisce il debito in dollari rispetto a quello in valuta locale. In effetti, la differenza di performance maggiore fra questi due Paesi è emersa proprio sul debito in valuta locale (vedi sotto), con il Messico comprensibilmente in vantaggio sul Sudafrica.

3)    Un altro aspetto che ha caratterizzato il 2013 è stato l’andamento sovraperformante dei titoli obbligazionari associati a un rischio di credito più elevato, come quelli ad alto rendimento e dei mercati di frontiera.

L’indice JPMorgan Next Generation Markets (NEXGEM), relativo ai titoli di Stato di mercati di frontiera di categoria BB+ o inferiore, ha generato un rendimento del +5,1% nel 2013. Questo dato potrebbe sembrare illogico, dato il recente cambio di atteggiamento nei confronti degli asset dei mercati emergenti, ma è confortante vedere che il mercato ha saputo differenziare tra i vari emittenti dell’area emergente, premiando il profilo di credito stabile o in miglioramento degli emittenti più deboli con rendimenti positivi, e traducendo i segnali di deterioramento in rendimenti negativi. Per fare un esempio, l’Argentina ha fatto segnare un +19,1% in scia alla sentenza tardiva riguardo ai cosiddetti holdout (ossia i creditori che non hanno accettato la rinegoziazione dei titoli di debito all’epoca del default), ma anche per effetto delle aspettative di politiche economiche più efficaci con il nuovo governo nel 2015. Per contro, il Venezuela ha generato un rendimento negativo del 12,3% a causa dei perduranti squilibri politici e macroeconomici sempre più accentuati. Inoltre, secondo l’analisi di Eichenberg e Gupta, nei Paesi che hanno consentito un incremento significativo del disavanzo delle partite correnti e un marcato apprezzamento delle rispettive valute, le quotazioni hanno registrato correzioni più pesanti, ma i mercati emergenti più liquidi in generale hanno subito maggiori pressioni sulla valuta e le valutazioni del debito. Identificare i fattori idiosincratici critici, in termini bottom-up, è stato essenziale nel 2013 e lo sarà anche nel 2014, visto l’ampio recupero messo a segno da quasi tutti questi mercati obbligazionari di frontiera che, di conseguenza, presentano oggi valutazioni meno favorevoli.

L'indebolimento delle valute emergenti ha creato le difficoltà maggiori per l'asset class

4)    Il debito in valuta locale è stato il vero protagonista in negativo.

Le perdite sul debito dei mercati emergenti emesso in valuta locale sono derivate, per la maggior parte, dal deprezzamento della valuta stessa, rivelatosi uno dei meccanismi di trasmissione principali nel 2013 ai fini della potenziale riduzione degli afflussi di capitali verso la regione emergente. Si può quindi ipotizzare che diverse valute continueranno a muoversi verso il valore equo, raggiungendo livelli di sottovalutazione se le condizioni lo giustificano, anche nel corso del 2014. Alla fine, la contrazione dei deficit delle partite correnti nei Paesi che necessitano di un riequilibrio, ma non devono affrontare rigidità strutturali di rilievo, come il Brasile, l’India e l’Indonesia, dovrebbe rallentare la pressione al ribasso sulle valute, favorendo una performance meno negativa nel 2014. Ciò significa che il bilanciamento dei rischi e l’attenzione del mercato dovrebbero concentrarsi sul conto capitale.

5)    Il carry positivo e la duration inferiore sono stati un’ancora di salvezza per i rendimenti del debito in valuta locale.

I rendimenti in valuta locale sono aumentati di 135 bps nel 2013 salendo al 6,85%, spinti da fattori quali la debolezza della valuta (Sudafrica), la contrazione della politica monetaria (Brasile e Indonesia), il deterioramento dei conti pubblici e il rischio di inflazione (Brasile), preoccupazioni sul fronte politico e dei conti esteri (Turchia) e i rendimenti più elevati negli Stati Uniti. Tuttavia, il carry e la duration media minore sul debito in valuta locale, in relazione al quale un indice comparativo ha una duration di 4,6 anni, sono i fattori responsabili del rendimento totale piatto del 2013, in termini di valuta locale, e assicurano un cuscinetto più consistente per il 2014.

6)    I rischi politici sono stati piuttosto contenuti nel 2013 (con poche eccezioni), ma potrebbero subire una decisa accentuazione nel 2014.

Se è vero che Paesi come la Turchia e l’Ucraina, oltre al Medio Oriente, hanno dovuto affrontare crisi politiche piuttosto gravi, in generale la politica non ha avuto un ruolo particolarmente rilevante per l’asset class nel 2013. Il 2014, però, sarà un anno in cui gli eventi politici idiosincratici nei mercati emergenti potrebbero avere un impatto decisamente maggiore sui rendimenti. In dodici dei principali Paesi dell’area emergente, inclusi i “5 fragili” (Brasile, India, Indonesia, Sudafrica e Turchia), sono in programma elezioni presidenziali e/o politiche, argomento di cui parleremo più dettagliatamente nei prossimi interventi su questo blog, più vicino alle date del voto. La prospettiva di queste elezioni potrebbe ridurre gli afflussi netti di capitali nelle economie interessate su base temporanea, ad esempio per effetto di una fuga dei capitali locali, un rinvio degli investimenti diretti esteri (FDI) e/o dei flussi di portafoglio, nonché una maggiore domanda di cambi esteri o credit default swap (CDS) a fini di copertura, in attesa dell’esito delle urne e delle conseguenti ipotesi sul futuro corso della politica economica e sul sostegno alle riforme.

Riassumendo, l’allocazione del patrimonio nell’area emergente fra titoli sovrani, sia in dollari che in valuta locale, e obbligazioni societarie dovrebbe essere meno rilevante nel 2014 di quanto sia stata nel 2013, dato che la curva dei rendimenti a pronti sconta già un livello dei tassi d’interesse decennali negli Stati Uniti intorno al 3,5%. Peraltro, il divario di valore relativo fra queste tre asset class si è ridotto, dopo l’andamento sottoperformante del debito sovrano nel 2013 e la contrazione degli spread dei titoli societari dei mercati emergenti provocata dal rimbalzo del credito su scala mondiale, sia nel segmento investment grade che in quello dell’alto rendimento. A ciò si aggiungono le valutazioni più attraenti per il debito in valuta locale, anche in virtù delle correzioni dei tassi di cambio viste nel 2013 e dei rendimenti più elevati. In altre parole, ci aspettiamo un divario di performance meno evidente, in aggregato, a livello top-down.

D’altra parte, gli eventi idiosincratici nei mercati emergenti, anche di natura politica, saranno più rilevanti, il che implica un ruolo ancora più cruciale, nel 2014, per la selezione dei titoli bottom-up e il tempismo, ai fini del riposizionamento fra le ondate di volatilità. Manterranno lo stesso grado di importanza gli aspetti macro globali e i fattori sottesi alla propensione al rischio su scala mondiale, come la crescita economica e l’inflazione, gli sforzi di riequilibrio della Cina, i prezzi delle materie prime e gli sviluppi all’interno dell’Eurozona.

 

Il valore e il reddito degli asset del fondo potrebbero diminuire così come aumentare, determinando movimenti al rialzo o al ribasso del valore dell’investimento. Possibile che non si riesca a recuperare l’importo iniziale investito. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri.

Claudia Calich

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