Obbligazioni mediorientali: un bene rifugio un po’ caro per gli investitori
Sono di ritorno da un affascinante viaggio di una settimana in Medio Oriente, durante il quale ho incontrato emittenti obbligazionari – sia corporate che sovrani – e operatori di mercato degli Emirati Arabi Uniti. Si è parlato molto di finanza islamica, petrolio e rischi geopolitici.
Quando ho chiesto quale fosse l’impatto del prezzo del greggio su emittenti corporate e governativi, la risposta dei diretti interessati è stata: “non c’è nessun impatto”. Molti banker e investitori imparziali che vivono negli Emirati riconoscono invece che il nuovo contesto dei prezzi (il greggio è sceso del 60% negli ultimi 6 mesi) si tradurrà in un calo dei tassi di crescita del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) nel 2015 e nel 2016, dopo la forte espansione del 2014.
L’impatto della flessione dei prezzi del petrolio sui Paesi del CCG non è uniforme. L’economia saudita sarà particolarmente penalizzata in quanto dispone di poche riserve a causa della spesa sociale (il governo deve creare 2 milioni di posti di lavoro per i Sauditi entro il 2025): un fattore a sostegno della mia tesi secondo cui l’Arabia Saudita taglierà l’offerta di greggio entro fine anno.
Le destinazioni turistiche come Dubai e in misura minore Abu Dhabi saranno meno colpite, se le quotazioni del barile resteranno sui livelli attuali, ma l’effetto indiretto sarà comunque negativo per vari motivi.
- L’edilizia residenziale a Dubai ha già evidenziato un rallentamento e in diversi casi i prezzi delle unità immobiliari sono scesi del 15-20%, anche se si tratta di una valutazione complessa dato il calo delle transazioni da inizio anno. Gli immobili commerciali, invece, hanno tenuto bene e dovrebbero continuare a evidenziare una certa resilienza anche in futuro.
- Il settore commerciale, uno dei pilastri dell’economia degli Emirati, ha subito una decelerazione nei primi due mesi dell’anno e secondo una grande banca dei Paesi emergenti con una significativa presenza nella regione dovrebbe registrare una crescita nell’ordine del 5% nel 2015 (2014: +9%).
- Il turismo dovrebbe registrare una temporanea contrazione a causa del minor numero di visitatori russi (frenati dalla svalutazione del rublo) e, probabilmente, di un’affluenza più bassa dal CCG nel corso dell’anno (dato l’impatto diretto della flessione del petrolio). Credo però che nel medio periodo questo calo sarà ampiamente compensato dall’aumento del turismo asiatico, in particolare dei flussi provenienti da India e Cina, che beneficiano del ribasso del petrolio. Negli Emirati, il settore turistico gode ancora di ottimi fondamentali e a mio parere rappresenterà un importante baluardo sia quest’anno che in futuro.
- La debolezza del contesto macroeconomico peserà probabilmente sul settore bancario degli Emirati, rallentando la crescita di depositi e prestiti al 5% circa. Le banche appaiono molto più sane che nel 2009 e non dovrebbero incorrere in gravi problemi di liquidità nei prossimi 12 mesi, ma sono fortemente dipendenti dai depositi del governo e rischiano un incremento dei crediti inesigibili (NPL) e un deterioramento della qualità degli asset (data l’ampia esposizione al real estate).
La finanza islamica ha conosciuto una rapida crescita (+20% in media) dalla crisi finanziaria globale del 2008 fino a raggiungere un valore di USD2.100 miliardi nel 2014, secondo le stime del Centre of Islamic Banking and Economics (CIBE). Nel 2015, il CIBE di Dubai ha calcolato che il patrimonio globale della finanza islamica raggiungerà USD2.500 miliardi, di cui USD150 miliardi di emissioni di sukuk bond (obbligazioni islamiche).
Il mercato dei sukuk bond è naturalmente dominato dai Paesi musulmani (cfr. grafico seguente) e la finanza islamica non dovrebbe rivoluzionare le piazze finanziarie globali nel prossimo futuro. Recentemente, però, gli investitori hanno visto aumentare l’offerta dei Paesi occidentali (non musulmani). L’anno scorso il Regno Unito ha emesso il suo primo sukuk bond da £200 milioni, che è poi andato bene sul mercato secondario. Sempre nel 2014, tre banche (Société Générale, Bank of Tokyo-Mitsubishi e Goldman Sachs) hanno istituito dei programmi di sukuk bond che, se avranno successo, aumenteranno la liquidità del mercato globale di questi titoli.
Quanto alle valutazioni, nell’ambito dei mercati emergenti, in Medio Oriente i differenziali di credito sono da tempo contenuti per due motivi principali: (i) lo storico eccesso di liquidità dovuto ai ricavi petroliferi che, oltre alle economie del CCG, sostiene il debito corporate e (ii) la stabilità politica degli Emirati, che rappresentano gran parte del mercato obbligazionario mediorientale.
Innanzitutto, ritengo che gli spread attuali non scontino il nuovo contesto dei prezzi del petrolio e l’impatto negativo che avrà sull’economia reale del CCG. Di conseguenza, le valutazioni relative appaiono onerose e alcuni dei bond più vulnerabili potrebbero subire un notevole ampliamento degli spread entro fine anno. Sono inoltre convinto che gli obbligazionisti sottovalutino i crescenti rischi geopolitici della regione, evidenziati dal coinvolgimento militare degli Emirati nella coalizione araba contro le postazioni dello Stato islamico (ISIS) in Siria. Se l’ISIS rappresenta una minaccia diretta per la Siria, l’Iraq, la Libia, l’Egitto e persino per la Giordania, più che per gli Emirati, il coinvolgimento degli alleati arabi rischia a mio parere di diffondere il conflitto anche in questi Paesi.
Detto ciò, una forte correzione generalizzata appare improbabile in quanto la regione resta un porto sicuro rispetto ad altre aree dei mercati emergenti che hanno anch’esse i loro problemi: la crisi geopolitica russa nei Paesi emergenti europei, la debolezza del Brasile in America Latina e il rallentamento della Cina in Asia. A livello settoriale, i bond bancari potrebbero attraversare una fase di debolezza a causa di prospettive economiche sfavorevoli; le società di edilizia residenziale – soprattutto private – potrebbero essere soggette a pressioni di vendita. Potrebbero invece dimostrarsi resilienti l’edilizia commerciale e altri emittenti che godono di un notevole sostegno pubblico. Anche il contesto tecnico sarà molto importante per la regione, dove una solida base di investitori locali potrebbe proteggere il mercato da un futuro aumento della volatilità.
Il valore e il reddito degli asset del fondo potrebbero diminuire così come aumentare, determinando movimenti al rialzo o al ribasso del valore dell’investimento. Possibile che non si riesca a recuperare l’importo iniziale investito. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri.
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