Le condizioni finanziarie supportano la tesi di una Fed più aggressiva di quanto suggerito dalle dinamiche dell’inflazione
Collaboratore esterno, Jean-Paul Jaegers CFA, CQF (Senior Investment Strategist, Prudential Portfolio Management Group)
Sono stati scritti fiumi di parole sulla recente debolezza dei dati di inflazione statunitensi, che si è manifestata sia a livello complessivo che di fondo. Indubbiamente sono diversi i fattori insoliti che hanno contribuito a questa situazione, anche se l’aspetto più importante è la persistenza dell’andamento fiacco su base ampia dell’inflazione. Le ultime comunicazioni dei membri del Comitato di politica monetaria della Fed (FOMC), e nello specifico della presidente Yellen, hanno messo in evidenza l’incertezza delle prospettive di inflazione definendo solo in parte transitoria la debolezza recente. I riferimenti sempre più numerosi alle “condizioni finanziarie”, nei comunicati della Fed, sono un aspetto degno di nota.
Il tasso ufficiale fissato dalla banca centrale incide sull’economia indirettamente, e non in modo diretto, pertanto è essenziale considerare le condizioni finanziarie per valutare l’impatto prodotto sull’economia reale dalla posizione assunta in termini di politica monetaria. Il grafico che segue mostra che, nonostante l’innalzamento del corridoio dei tassi ufficiali, le condizioni finanziarie si sono ammorbidite nello stesso periodo, il che dal punto di vista dell’economia reale, farebbe pensare che finora la politica della Fed abbia avuto un impatto diretto limitato.
Dai verbali della Federal Reserve emerge che “alcuni” membri del FOMC temono il rischio di instabilità finanziaria più della presidente Yellen e in teoria il minor rigore delle condizioni finanziarie potrebbe incoraggiare la Fed a prendere discretamente posizione contro eventuali bolle dei prezzi degli asset.
I banchieri centrali hanno fatto dichiarazioni relativamente esplicite riguardo al contesto finanziario più accomodante e alla necessità di una contrazione della politica per ottenere l’effetto desiderato sull’economia, una sfumatura importante nei toni della Fed, in quanto un ulteriore allentamento delle condizioni (ossia, dollaro più debole, prezzi azionari più elevati, tassi d’interesse più bassi, ecc) potrebbe rafforzare le argomentazioni a favore di altri passi verso la contrazione, con interventi sui tassi ufficiali o sul bilancio. Se la Fed dovesse cominciare a dare maggior rilievo alla stabilità e condizioni finanziarie, risulterebbe più aggressiva di quanto suggeriscano attualmente i dati e le dinamiche di inflazione. Le banche centrali vogliono una contrazione graduale, ma la breve storia di misure monetarie non convenzionali indica che il riassetto dei prezzi degli attivi finanziari tende a verificarsi in modo repentino.
Che impatto potrebbe avere questo sul panorama degli investimenti? Per gli investitori obbligazionari, sarebbe forse opportuno tenersi alla larga dagli spread risicati nel segmento high yield in vista di un possibile rimbalzo della volatilità degli asset di rischio. Una maggiore enfasi sul rischio di instabilità finanziaria, in assenza di ripresa dell’inflazione, probabilmente porterà a una curva dei rendimenti più piatta (per via del premio alla scadenza inferiore e della mancanza di un premio al rischio di inflazione). Per gli investitori azionari che finora hanno goduto di un ambiente ideale di crescita stabile, facile accesso al credito e bassa inflazione, è uno sviluppo da monitorare con attenzione. Guardando al passato, spesso le banche centrali hanno ottenuto risultati meno eclatanti nell’affrontare i timori di instabilità finanziaria, data l’estrema difficoltà di controllare e monitorare aspetti come il meccanismo di trasmissione e le dinamiche delle politiche. Adesso è il momento di tenere d’occhio l’evoluzione delle condizioni finanziarie, considerato che da inizio anno, il mercato ha visto un allentamento notevole e questo sviluppo ha chiaramente catturato l’attenzione della Fed, tanto da diventare un filo conduttore di rilievo nelle comunicazioni recenti.
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