Lo spauracchio del consumatore australiano

Nel 2012, la Reserve Bank of Australia (RBA) ha tagliato il tasso monetario in cinque occasioni, per un totale dell’1,25%. Una mossa non da poco per un’economia che cresce al 3,1%, con il 5,4% di disoccupazione e un’inflazione proprio al livello target del 2,0%. Il tasso monetario della RBA si attesta ora al minimo cinquantennale raggiunto durante la recessione del 2009. Allora che cosa ha innervosito tanto le autorità monetarie?

In una parola: i consumi. Il 54% circa del PIL australiano è rappresentato dai consumi privati. Ma il tasso di risparmio delle famiglie, pari al 10,6%, è più che doppio rispetto alla media dello scorso decennio. Gli Australiani stanno riducendo l’indebitamento. E i consumi, che hanno trainato la crescita negli anni del boom, cominciano a languire.

Sfortunatamente per la RBA, gli ultimi dati sul PIL evidenziano scarsi segnali di investimento al di fuori del settore minerario. L’apprezzamento del dollaro australiano – un tempo noto come “Aussie Battler” o “Pacific Peso” – non ha certo migliorato la situazione. Da gennaio 2009, il valore dell’AUD ponderato per l’interscambio è aumentato del 45% e diversi operatori hanno invocato un intervento della RBA sui mercati valutari. In un mondo sempre più globalizzato, il vigore del dollaro è un grosso ostacolo per il settore manifatturiero australiano. La banca centrale spera quindi che una riduzione dei tassi di interesse possa a) stimolare i consumi privati e b) incidere sul cambio.

Sul fronte valutario, i tagli dei tassi hanno avuto un impatto minimo. Nel corso del 2012 l’indice ponderato per l’interscambio ha registrato un progresso dell’1,7%, ahimè! Sul fronte dei consumi, purtroppo per la RBA e l’oberato consumatore australiano, le banche hanno fatto orecchie da mercante. Il grafico seguente evidenzia il differenziale fra il tasso monetario della RBA e i tassi solitamente applicati a mutui ipotecari variabili, prestiti a termine variabili e carte di credito.


Nonostante un tasso monetario di appena il 3,00%, lo spread fra i tassi su prestiti personali e carte di credito è a livelli record. Le banche, cioè, non tengono sempre conto del tasso ufficiale. Nell’ambito dei mutui residenziali a tasso variabile, lo spread è in costante aumento da ottobre 2007. E si tratta di un parametro molto importante in quanto l’80% dei mutui accesi in Australia è a tasso variabile. Nel complesso, il grafico mostra che il meccanismo di trasmissione della politica monetaria nel Paese è sempre più debole, il che rende ancora più difficile il compito della RBA.

Anche nei momenti migliori, quello della banca centrale non è il lavoro più semplice del mondo. In passato, dati gli alti tassi di indebitamento e la forte percentuale di case di proprietà, l’intervento sui tassi di interesse ha permesso alla RBA di stimolare rapidamente l’economia, se necessario. L’ultima cosa di cui ha bisogno una banca centrale è di vedere ulteriormente limitata la propria capacità di raggiungere gli obiettivi di inflazione. Eppure, è proprio quello che sta succedendo in Australia, e la RBA farebbe bene a preoccuparsi.

Il valore e il reddito degli asset del fondo potrebbero diminuire così come aumentare, determinando movimenti al rialzo o al ribasso del valore dell’investimento. Possibile che non si riesca a recuperare l’importo iniziale investito. Le performance passate non sono indicative dei risultati futuri.

Anthony Doyle

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